Gli scienziati hanno scoperto che la seta può resistere alle fredde temperature dello spazio. I risultati potrebbero aiutarli a sviluppare nuovi materiali per applicazioni a basse temperature e di elevato impatto.
Ragni robot che tessono tele di seta giganti per catturare i rifiuti spaziali? Ciò che ad alcuni può sembrare materiale per la fantascienza, potrebbe invece accendere l’immaginazione di altri. Grazie alla propria resistenza eccezionale, robustezza e stabilità termica, la seta ha attirato molta attenzione negli ultimi anni, trasformandosi in fonte d’ispirazione per la produzione di una controparte sintetica che ne imita struttura e funzione biologica.
Parzialmente sostenuto dai progetti FLIPT e SABIP, finanziati dall’UE, un gruppo di scienziati ha dimostrato che le sete naturali possono sopportare il freddo, mentre alcune si rafforzano addirittura con il diminuire della temperatura. Le scoperte sono state pubblicate sulla rivista «Materials Chemistry Frontiers». I ricercatori hanno studiato «il comportamento e la funzione di diverse sete animali, concentrandosi sulle fibre multi fibrillari del baco da seta Antheraea pernyi portate ad una temperatura di –196 °C».
Un comunicato stampa dell’Università di Oxford, organizzazione partner del progetto, riassume i risultati. Si osserva che «i ricercatori sono stati in grado di dimostrare non solo “che”, ma anche “come” la seta aumenti la propria robustezza in condizioni in cui gran parte dei materiali diventerebbe molto fragile». E si aggiunge: «Di fatto, la seta sembra contraddire la comprensione fondamentale della scienza dei polimeri, poiché non perde, ma acquista qualità in circostanze di freddo estremo, diventando sia più robusta che maggiormente elastica».
Il gruppo ha scoperto che la robustezza della seta si basa sulle sue minuscole fibre. Secondo lo stesso comunicato stampa, «emerge che i processi sottostanti si basano sulle numerose fibrille nanometriche che compongono il nucleo di una fibra di seta». Nell’articolo della rivista, i ricercatori dichiarano: «Riteniamo che la struttura in nanofibra altamente allineata, tuttavia relativamente indipendente, consenta l’attivazione della catena molecolare parzialmente congelata a temperature criogeniche per indurre la deformazione plastica, permettere lo scivolamento delle fibrille e facilitare l’effettivo dispiegamento delle catene molecolari della fibroina della seta, prevenendo o ritardando così il punto di rottura dell’intera fibra». Concludono: «Prevediamo che il nostro studio condurrà alla progettazione e produzione di nuove famiglie di compositi strutturali robusti che impiegano la seta naturale, o i filamenti ad essa ispirati, per la verifica di applicazioni anche in condizioni artiche, se non addirittura spaziali».
Il comunicato stampa suggerisce che la vasta gamma di applicazioni basata sui risultati dello studio potrebbe spaziare da «nuovi materiali per l’impiego in regioni polari terrestri a nuovi composti per cervi volanti e aeroplani leggeri che volano nella strato e mesosfera e, forse, addirittura a reti giganti tessute da ragni robot per catturare l’astro-spazzatura nello spazio».
I due progetti che hanno fornito i finanziamenti per lo studio sono stati entrambi ispirati dalla natura e si sono concentrati sulle sete naturali di ragni e bachi per ottenere informazioni sulla tecnologia biopolimerica. I biopolimeri sono polimeri prodotti dagli organismi viventi e possono essere ricavati da sistemi microbici, estratti da piante o sintetizzati chimicamente da sistemi biologici di base. I polimeri sono composti esistenti in natura o sintetici costituiti da grandi molecole formate da una serie collegata di piccole unità di base. I biopolimeri sono impiegati in materiali medici, imballaggi, cosmetici, additivi alimentari, tessuti per vestiti, prodotti chimici per il trattamento delle acque, plastiche industriali, assorbenti, biosensori e addirittura elementi di memorizzazione dei dati. Il progetto SABIP (Silks as Biomimetic Ideals for Polymers: SABIP) si è svolto tra il 2009 e il 2014. La conclusione del progetto FLIPT (FLow Induced Phase Transitions, A new low energy paradigm for polymer processing) è prevista per il 2019. FLIPT è stato istituito per creare una nuova gamma di polimeri di ispirazione biologica che possano essere processati con un apporto energetico minimo.
Per maggiori informazioni, consultare:
https://cordis.europa.eu/project/rcn/89301/factsheet/it
(progetto SABIP)