Quando non si attivano tutte le sinapsi: uno studio spalanca le porte a nuovi trattamenti per le malattie cerebrali

Un progetto finanziato dall’UE acquisisce informazioni approfondite sulla modalità di malfunzionamento delle sinapsi cerebrali, spianando la strada a trattamenti futuri migliori per le persone affette da malattie neurodegenerative.

Le malattie neurodegenerative, un termine generico per indicare una serie di condizioni che colpiscono i neuroni nel cervello umano, interessano milioni di persone nel mondo. Le più comuni tra queste sono la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson, e prendendo in considerazione solo l’Europa, la malattia di Alzheimer e le demenze correlate riguardano oltre sette milioni di persone.

Al fine di scoprire cosa si verifica di preciso nei cervelli delle persone affette da queste condizioni incurabili e debilitanti, alcuni ricercatori impegnati nel progetto RobustSynapses, finanziato dall’UE, hanno deciso di concentrarsi sulle sinapsi del cervello. «Il progetto RobustSynapses affronta una delle maggiori esigenze mediche non ancora soddisfatte, ovvero il fatto che non esistono cure per nessuna di queste rilevanti condizioni neurodegenerative», ha spiegato il prof. Patrik Verstreken del centro VIB-KU di Lovanio per la ricerca sul cervello e le malattie, con sede in Belgio, in un articolo pubblicato sulla piattaforma «Innovation Origins». «Per affrontare questa sfida, volevamo soffermarci su ciò che accade nelle prime fasi di queste malattie», ha affermato il prof. Verstreken, ricercatore principale del progetto.Le sinapsi consistono in piccole giunzioni nel cervello che permettono ai segnali elettrici di passare da un neurone all’altro. Esse mettono in collegamento i neuroni nel cervello con i neuroni nel corpo e, pertanto, svolgono un ruolo determinante nei processi di pensiero, di creazione dei ricordi e dei movimenti. Inoltre, sono spesso le stesse sinapsi a essere le prime colpite dall’insorgenza della malattia neurodegenerativa.

Inizialmente, il gruppo di ricerca ha esaminato le sinapsi dei moscerini della frutta avvalendosi di metodi innovativi di editing genomico. «Abbiamo così scoperto che nelle sinapsi esistono meccanismi specifici necessari a rimuovere i rifiuti disfunzionali», ha continuato il prof. Verstreken. «Se questo non avviene, le sinapsi non funzionano, dando origine ad alcuni problemi.»

Questi risultati sono poi stati applicati in vitro ai neuroni umani generati dalle cellule cutanee dei pazienti. Sia le prove sui moscerini della frutta che quelle su cellule umane hanno dimostrato che i problemi a livello delle sinapsi erano provocati da un processo denominato autofagia sinapto-specifica. Il prof. Verstreken ritiene che tale risultato potrebbe condurre a «nuovi possibili bersagli terapeutici», riporta l’articolo. «Una delle soluzioni innovative più entusiasmanti è stata lo sviluppo di strumenti che interferiscono con i difetti indotti da questo processo a livello dei contatti sinaptici, tra cui il declino cognitivo», ha osservato il prof. Verstreken. «Ora stiamo proseguendo su questa strada, nella speranza di sviluppare interventi terapeutici concreti.»

L’indagine relativa a quali cellule cerebrali siano maggiormente colpite dai processi sinaptici individuati sta producendo alcuni risultati interessanti. «Una delle scoperte più stimolanti è stato riconoscere perché i pazienti affetti da Parkinson presentano problemi del sonno», ha osservato il prof. Verstreken. «Inoltre, come ho menzionato in precedenza, abbiamo scoperto un modo per interferire con gli effetti della cosiddetta “autofagia sinaptica”: per farlo è necessario manipolare alcune proteine centrali per il processo che, come si è scoperto, generano rischi di sviluppare il Parkinson se sottoposte a mutazione nei pazienti. Stiamo ora sviluppando strumenti efficaci per raggiungere questo scopo insieme ai nostri partner industriali.»

Nonostante non sia tuttora disponibile una cura per le malattie degenerative, le informazioni preziose sulla funzione sinaptica fornite dal progetto RobustSynapses (Maintaining synaptic function for a healthy brain: Membrane trafficking and autophagy in neurodegeneration) potrebbero aiutare i medici a effettuare diagnosi precoci, contribuendo a trattamenti più efficaci in futuro. Il prof. Verstreken conclude: «Dato l’altissimo numero di persone che soffre di malattie neurodegenerative, l’impatto potrebbe essere notevole.»

Per ulteriori informazioni, consultare:

progetto RobustSynapses


pubblicato: 2021-09-01
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