Esiste un’alternativa nutriente a mais e riso per i prodotti alimentari senza glutine? La risposta potrebbe risiedere nei cereali e nei legumi africani.
Il mondo produce quantità di cibo senza precedenti, eppure milioni di cittadini africani non riescono a seguire un’alimentazione adeguata. Il progetto InnoFoodAfrica, finanziato dall’UE e incentrato sul potenziale delle colture africane allo scopo di combattere la malnutrizione in Africa, sta ora prestando attenzione ai prodotti senza glutine.
Negli ultimi anni, il consumo di prodotti senza glutine è cresciuto sia in Europa che in Africa. Tuttavia, la gran parte di questi prodotti è realizzata con cereali quali mais e riso che sono soprattutto ricchi di amido, ma poveri di proteine e fibre, un aspetto che desta preoccupazione nel caso di una popolazione già colpita dalla malnutrizione. Il gruppo del progetto InnoFoodAfrica ha deciso di scoprire se la sostituzione di tali cereali con colture africane resistenti al clima nei prodotti privi di glutine potrebbe offrire una soluzione sostenibile al problema, poiché questo genere di colture è ricco di proteine, fibre e minerali.L’attenzione si è concentrata sulla realizzazione di cracker ad alta densità di sostanze nutritive e senza glutine, ponendo una semplice domanda: ma se invece del granoturco e del riso, i cracker fossero preparati utilizzando amaranto, sorgo, teff, arachidi bambara o fagioli dall’occhio?
Per trasformare in realtà questa idea, è necessario che le aziende produttrici superino determinate difficoltà di carattere tecnologico. Come indicato in un volantino pubblicato sul sito web del progetto, le colture africane «sono caratterizzate da profili gustativi unici, in particolare per quanto riguarda il sapore di legumi e il gusto amaro del fagiolo dell’occhio e delle arachidi bambara, che potrebbero non essere graditi da tutti i consumatori. Inoltre, la consistenza granulosa e sabbiosa, soprattutto del sorgo, ne ha impedito l’ampio utilizzo nei prodotti alimentari».
I ricercatori hanno riscontrato che la sostituzione del mais con colture africane comprometteva le prestazioni di cottura e le proprietà tecnologiche dei cracker. In seguito, hanno esaminato in che modo la classificazione ad aria, ovvero il frazionamento delle particelle dei cereali in base alla massa, e la germinazione di alcune delle materie prime avrebbe influito sulle proprietà tecnologiche e sensoriali dei cracker.
È stato cotto un totale di 15 cracker diversi composti da farine di amaranto (50 %), sorgo (50 %), teff (50 %), arachidi bambara (50 %, 75 %) e fagiolo dell’occhio (50 %, 75 %) anziché da farina di mais. Secondo quanto riportato sul volantino, è stato possibile conseguire un processo e una combinazione di materie prime ben equilibrati per la preparazione dei cracker dopo «vari cicli di sviluppo». I cracker sono stati cotti in forno a 180 ℃ per un periodo di tempo compreso tra i 13 e i 22 minuti, a seconda del tipo di farina utilizzata.
La composizione nutrizionale è migliorata in tutti i cracker realizzati da colture africane. Si è verificato un notevole aumento nel contenuto di fibre rispetto ai cracker 100 % mais, ed è anche incrementato il contenuto proteico con tutte le sostituzioni di coltura, in particolare nel caso delle arachidi bambara e del fagiolo dell’occhio.
In termini di cambiamenti tecnologici, il colore dei cracker è passato dal giallo al marrone dorato impiegando le colture africane. Inoltre, si sono notate alcune differenze nello spessore e nella durezza dei cracker dovute al contenuto proteico e alle particelle di farina di dimensioni inferiori.
Le modifiche apportate alle materie prime hanno cambiato i profili sensoriali del sorgo e del fagiolo dell’occhio: «La struttura granulare tipica del sorgo si è attenuata nettamente tramite la macinatura e il frazionamento ad aria, mentre la germinazione ha affievolito l’intensità del sapore di legumi soprattutto nei campioni a base di fagiolo dell’occhio rispetto ai campioni di materia prima originale. La germinazione ha inoltre conferito ai cracker un gusto più dolce, oleoso e tostato.»
Oltre all’elaborazione di soluzioni per le pratiche di coltivazione, la lavorazione e la produzione di colture, InnoFoodAfrica (Locally-driven co-development of plant-based value chains towards more sustainable African food system with healthier diets and export potential) sta inoltre esplorando il potenziale di imballaggi biologici per ridurre i rifiuti agricoli. I dettagli sono disponibili sulla scheda informativa pubblicata sul sito web del progetto.
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