Nuove prove indicano che il movimento più lento delle placche continentali è la causa dei più grandi eventi vulcanici del nostro pianeta.
La storia geologica della Terra è tutt’altro che tranquilla: è costellata di importanti eventi vulcanici che sconvolsero completamente il clima e l’ambiente del pianeta e provocarono, di conseguenza, estinzioni di massa delle specie. Ma che cosa influenzò l’insorgenza e la durata di questi eventi vulcanici milioni di anni fa? Un nuovo studio, sostenuto in parte dal progetto V-ECHO, finanziato dall’UE, suggerisce che il colpevole fu molto probabilmente un rallentamento del movimento delle placche continentali.
Lo studio, pubblicato sulla rivista «Science Advances», dimostra che il rallentamento del movimento delle placche rese possibile la risalita del magma verso la superficie terrestre, provocando gli eventi vulcanici che devastarono il pianeta. A seguito dell’attività vulcanica le emissioni di carbonio nell’atmosfera si intensificarono, riscaldando il clima terrestre e causando cambiamenti senza precedenti negli ecosistemi, che a loro volta furono all’origine dell’estinzione di molte forme di vita sulla terraferma e negli oceani.Per trovare le risposte alle loro domande, i ricercatori hanno preso in considerazione il Toarciano, quando avvenne uno dei più grandi sconvolgimenti ambientali della Terra, circa 183 milioni di anni fa. Di questo periodo hanno studiato le concentrazioni di mercurio di alcuni depositi di fango ottenuti da una trivellazione nel Galles, nel Regno Unito. Grazie ai dati così emersi, sono riusciti a collegare i profondi cambiamenti climatici e ambientali di quel periodo con un’importante attività vulcanica e il relativo rilascio di gas serra nell’emisfero meridionale. I modelli di ricostruzione globale delle placche concepiti dal gruppo di ricerca hanno poi permesso di individuare il principale processo geologico che molto probabilmente controllò l’insorgenza e la tempistica di questo grande evento vulcanico.
«Gli scienziati hanno a lungo pensato che l’inizio della risalita di roccia vulcanica fusa, o magma, dalle profondità della Terra, sotto forma di pennacchi del mantello, fosse il fattore scatenante di tale attività vulcanica ma le nuove prove dimostrano che la normale velocità di movimento delle placche continentali, pari a diversi centimetri all’anno, impedisce di fatto al magma di penetrare nella crosta continentale della Terra», afferma il primo autore dello studio, il dott. Micha Ruhl del Trinity College di Dublino, in Irlanda, in un articolo pubblicato su «Newswise».
«Sembra che solo quando la velocità di movimento delle placche continentali diminuisce fino ad avvicinarsi allo zero i magmi provenienti dai pennacchi del mantello riescono effettivamente a raggiungere la superficie, provocando grandi eruzioni vulcaniche di province ignee e le relative perturbazioni climatiche ed estinzioni di massa. Un’ulteriore valutazione mostra essenzialmente che il rallentamento del movimento delle placche continentali probabilmente determinò l’insorgenza e la durata di molti dei principali eventi vulcanici nel corso della storia della Terra, rendendolo un processo fondamentale per il controllo dell’evoluzione del clima e della vita sulla superficie terrestre nel corso della storia di questo pianeta.»
La ricerca sostenuta da V-ECHO [Revealing hidden volcanic triggers for global environmental change events in Earth’s geological past using mercury (Hg)] fornisce informazioni preziose su uno dei principali processi che influenzano il sistema climatico terrestre. Il progetto si concluderà a novembre 2024.
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