All’interno del cratere Gale del pianeta rosso gli scienziati hanno rinvenuto prove di minerali argillosi che indicano la presenza di acqua in condizioni in grado di sostenere la vita.
Alcuni ricercatori provenienti da Francia, Spagna e Stati Uniti hanno rinvenuto prove di minerali argillosi che suggeriscono che Marte possa essere stato un tempo abitabile. I minerali erano presenti all’interno dei campioni di argilla estratti dal rover Curiosity nel cratere Gale del pianeta rosso, nel 2016.
Con il sostegno del progetto MarsFirstWater, finanziato dall’UE, il gruppo ha analizzato tali campioni, scoprendo una loro correlazione strutturale e compositiva con le argille glauconitiche trovate sulla Terra. Il suo studio è stato pubblicato sulla rivista «Nature Astronomy».
Alcune precedenti indagini avevano confermato la presenza di un lago all’interno del cratere Gale, il cui diametro misura 154 km, esistito per milioni di anni fino a circa 3,5 miliardi di anni fa. Tuttavia, gli scienziati non erano sicuri del fatto che il bacino idrico disponesse delle condizioni necessarie a sostenere la vita, quali una bassa temperatura e un pH neutro. La presenza di argille simil-glauconitiche, che indicano la possibile presenza di acqua allo stato liquido per un lungo periodo di tempo a condizioni di regime stazionario, costituisce un segnale promettente.La glauconite è un minerale fillosilicato verdastro composto da ferro e potassio che si trova principalmente nei sedimenti, nelle arenarie e nei carbonati marini. La sua formazione necessita di condizioni stabili, in particolare temperature comprese tra i 3 e i 15 °C e acqua con un pH neutro, nonché di diverse migliaia di anni. Pertanto, la sua presenza all’interno dei campioni di argilla del cratere Gale suggerisce che Marte un tempo abbia offerto le condizioni per supportarne la formazione, che, a loro volta, hanno creato l’ambiente necessario a ospitare la vita milioni di anni fa. «Le argille glauconitiche possono essere impiegate come “una misura indiretta” di condizioni stabili», ha affermato l’autrice principale dello studio Elisabeth Losa-Adams, dell’Università di Vigo, in Spagna, in un articolo pubblicato su «New Scientist».
Il gruppo di ricerca si è avvalso di dati di diffrazione dei raggi X ottenuti attraverso lo strumento a bordo di Curiosity «per caratterizzare il grado di disordine dei minerali argillosi nella formazione Murray del cratere Gale», ha riferito lo studio. In seguito, sono state condotte modellizzazioni geochimiche per scoprire se la composizione dell’acqua all’interno del cratere di Gale fosse coerente con la formazione di argilla glauconitica sulla Terra. I ricercatori hanno scoperto che, in concomitanza con la maggiore salinità dell’acqua dovuta all’evaporazione, sono aumentati i livelli di potassio nell’acqua, dal momento che la nontronite mineraria argillosa non lo consuma. In seguito, quando la glauconite ha iniziato a crescere, il potassio ha cominciato a diminuire poiché incorporato al suo interno. Il ferro era inizialmente integrato all’interno della nontronite. «Considerato che la glauconite e la nontronite seguono una tendenza di dissoluzione e precipitazione opposta, il ferro proveniente dalla nontronite viene riciclato. Di conseguenza, la quantità di ferro in soluzione rimane costante, aumentando solo alla fine del processo e fornendo una fonte per un’ulteriore formazione di ossidrossidi», hanno scritto gli autori. Il modello dei ricercatori ha rappresentato la trasformazione di nontronite in glauconite mediata dal solvente.
«Le condizioni di formazione di tali minerali favoriscono la presenza della vita», ha osservato la dott.ssa Losa-Adams all’interno dell’articolo di «New Scientist». Tuttavia, l’esistenza di condizioni favorevoli alla vita non costituisce una prova del fatto che essa si fosse effettivamente sviluppata su Marte. Dopo l’atterraggio sul pianeta rosso a febbraio 2021, al nuovo rover Perseverance della NASA è stato assegnato il compito di rinvenire tale prova nel cratere Jezero, ritenuto il resto di un antico lago esistito più di 3,5 milioni di anni fa. Grazie alle indagini condotte sugli ambienti acquosi di Marte, il progetto MarsFirstWater (The physicochemical nature of water on early Mars) potrebbe aprire nuovi percorsi per l’esplorazione astrobiologica del pianeta.
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